bibliografia fannullona


PANCHINE - Beppe Sebaste

Beppe Sebaste

PANCHINE

Editori Laterza

Bari 2023, pagine 175

 

"A definire le panchine, tuttavia, non è solo il sedersi, ma un certo tipo di sedersi, un certo uso, non solo e non tanto del proprio corpo quanto del proprio tempo, e della propria mente. Lasciare libera la mente di vagare, divagare. Passeggiare da fermi."

 

Grandezze della fannullaggine: il Conte, senza muovere un dito, senza essere minimamente disturbato dalla sua condizione di irriducibile contemplatore, si vede pubblicato il suo libro! L'autore Beppe Sebaste, senza neppure immaginarlo, l'ha ottimamente scritto per lui.

In questo testo c'è tutto quello che il Conte Fannullone, se non fosse un perfetto scansafatiche, avrebbe voluto condividere con i suoi numerosissimi fan (per la maggior parte fan del Conte senza saperlo, come l'autore di questo libro appunto).

'Panchine' di Beppe Sebaste è un libro bellissimo: parla di tutti coloro che ancora si danno la possibilità di perdere tempo e quindi di guadagnarlo, di quelli che amano guardarsi intorno e indovinare le storie di cui è pieno il mondo, di tutti quelli che, stando seduti, si meravigliano dell'agitazione che assilla i contemporanei. Da una posizione privilegiata, discreta, nascosta, la panchina ci rende invisibili agli occhi di chi non sa più godere il lusso di una sosta davanti a un bel panorama o nel bel mezzo di una città brulicante. La panchina diventa il simbolo di una silenziosa resistenza a una società che ci vuole sempre in competizione. Libera, gratuita, rivoluzionaria, la panchina è anche una lucida presa di posizione politica di chi pensa che i luoghi pubblici, l'accoglienza, la lentezza, la bellezza siano cura verso un mondo di individui stregati dell'idea che si debba arrivare prima a tutti i costi, anche a discapito degli altri. Panchine è un libro ricco di stimoli culturali, anche letterari, che propone, fra gli altri, alcuni degli autori prediletti dal Conte Fannullone: Walser, Sebald, Bernhard... Quanto mi piacerebbe poterti incontrare, Beppe, e fare due chiacchiere con te su una bella panchina (quelle verdi di una volta) all'ombra frastagliata di un grande ippocastano.

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IL RE DEGLI SCHNORRER - Israel Zangwill

Israel Zangwill

IL RE DEGLI SCHNORRER

Universale Economica Feltrinelli

Milano 1979, pagine 153

 

Bighellonando per il bellissimo parco di Paratico in provincia di Brescia, da cui è possibile ammirare un vasto panorama del lago di Iseo, mi fermo sempre un pochino a curiosare nella casetta dei libri: una piccola biblioteca nel verde dove è possibile prendere con sé dei libri o donarne. A volte si trovano delle cose veramente interessanti, come questo delizioso racconto umoristico che narra delle avventure di Manasse Bueno Barzillai Azevedo da Costa, il re degli schnorrer, ossia di coloro che, nella comunità ebraica inglese, vivono alla giornata, elemosinando di che vivere presso ricchi filantropi. Forte della sua conoscenza delle sacre scritture, Menasse è consapevole di essere, in quanto schnorrer, indispensabile alla collettività, dato che la sua stessa esistenza è necessaria ai ricchi per adempiere al comandamento di fare l'elemosina. I miserabili, i fannulloni, i perditempo, gli accattoni sono dunque la condizione necessaria affinché gli altri possano esercitare la bontà. Grazie alla sua capacità di persuasione, il re dei fannulloni riesce addirittura ad accumulare molto denaro che però offrirà interamente alla sinagoga della comunità. A dimostrazione del fatto che un fannullone, nelle sue numerosissime declinazioni, non tradirebbe mai la sua natura per la ricchezza. Irriducibile testimone di onestà, il fannullone è la spina nel fianco della società dell'egoismo e dell'avidità.

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FISIOLOGIA DEL FLÂNEUR – Louis Huart - a cura di Antonio Castronuovo

Louis Huart

FISIOLOGIA DEL FLÂNEUR

a cura di Antonio Castronuovo

Stampa alternativa

Viterbo 2016, pagine 131

 

"L'uomo indaffarato guarda senza vedere, lo sfaccendato vede senza guardare, il flâneur vede e guarda"

 

Redattore e collaboratore di importanti testate satiriche francesi, Huart, in questo breve e divertente studio intorno alla figura del flâneur parigino, individua quella caratteristica propria dell'uomo che sola è in grado di definirlo "umano" e di distinguerlo da tutto il resto del mondo animale, ossia: la capacità di flâner.

In quanto archetipo in grado di definire l'uomo, il flâneur non può essere descritto direttamente, ma solo attraverso le sue declinazioni corrotte dal reale. E allora ecco dispiegarsi una serie di aspiranti flâneur, che pur condividendone in parte l'indole non riescono a raggiungere le vette di un'arte raffinatissima, anzi l'arte per eccellenza, della quale è necessario conoscere i principi e su cui bisogna esercitarsi quotidianamente. Il flâneur è padrone del suo tempo: nutrito di una fervida immaginazione e mosso da una curiosità antropologica, egli è un sociologo perditempo, un poeta solitario, un passeggiatore anarchico e senza meta - come l'uomo saggio descritto da Seneca, che vede intorno a sé tutti gli altri che si agitano inutilmente. Il flâneur è "l'unico uomo felice".

Così il nostro Conte Fannullone, che del flâneur possiede lo spirito, diviene per noi un punto di riferimento capace di orientarci verso la conquista dell'umana felicità.

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ALL'ANTICA – Una maniera di esistere - Duccio Demetrio

Duccio Demetrio

ALL'ANTICA – Una maniera di esistere

Raffaello Cortina Editore

Novara 2021, pagine 315

 

Cos'è quella sensazione di sentirsi un po' fuori dal tempo, quel fascino verso tutto ciò che sembra d'altri tempi, quel sottile piacere di non accettare il nuovo solo perché è nuovo e avvertire la preziosità degli oggetti che hanno attraversato le epoche o sono appartenuti ad altre persone? Cos'è quella riverenza tutta speciale che qualcuno di noi prova nei confronti delle persone anziane e delle storie che hanno vissuto e che s'indovinano fra le pieghe delle loro rughe? Questo saggio di Duccio Demetrio – un tuffo che scandaglia la molteplicità di significati suggeriti dal concetto di "antico" – rassicura tutti coloro che in qualche modo si sentono fuori luogo se nel contesto in cui vivono si agitano solamente gli indaffarati, gli sgarbati, gli avidi che vogliono tutto subito illudendosi che la felicità sia il piacere ristretto nell'attimo da godere: essere all'antica è un modo di esistere, di chi si prende cura delle proprie e altrui memorie, che si prende il tempo per farlo, di chi si orienta verso la bellezza, la gentilezza, la poesia, il garbo. Essere all'antica è un esercizio di attenzione, è il bisogno di avere degli esempi da seguire. Non è, si badi bene, il retrivo desiderio di tornare ad un tempo passato. L'antico è un concetto al di là del tempo, che nutre il nostro presente e prefigura il futuro: è lo svolgersi dell'uomo nella storia, è la saggezza che si tramanda, è l'arte di vivere.

L'antico è questo e infinite altre cose. Ecco perché il Conte Fannullone è così all'antica, come un Charlie Chaplin in bianco e nero che ci invita a recuperare una maniera di esistere.

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L'UOMO SENZA TALENTO - Yoshiharu Tsuge

Yoshiharu Tsuge

L'UOMO SENZA TALENTO

Canicola

Bologna 2017, pagine 220

 

Cadute a terra

le castagne trovano

nuova dimora

 

Come un Komusō, monaco del nulla e mendicante senza casa, viaggia in continuazione portando un cappuccio di canna che gli nasconde completamente la testa privandolo di un ego specifico, così l'uomo senza talento, senza esserne consapevole, somiglia a un monaco zen: inutile per la società, insignificante, senza nessuna capacità pratica sufficiente per vivere decorosamente. Ecco che cos'è la sua mancanza di talento: l'incapacità di stare nel mondo.

Raccoglie pietre con l'intento di venderle, pietre che nessuno comprerà mai, sdraiato in una piccola capanna. Rifiuta la carriera di mangaka (in passato è stato un mangaka apprezzato), come se non volesse mescolare la sua arte con le cose o comprometterla con le faccende umane, come se volesse evitare di confonderla con il chiasso di quella modernità che preferisce circondarsi di uccelli esotici dai colori sgargianti anziché dedicarsi con devozione all'allevamento dei volatili autoctoni dalla bellezza più raffinata. In preda al desiderio urgente di cercare un posto dove stare non si accorge di essere già predestinato a vivere come il poeta mistico che esiste senza esistere – per essere il niente che è anche tutto. È l'arte al suo grado massimo che incontra il sacro. Ma l'uomo senza talento ancora non lo sa. Alla fine, forse, il libro di uno scrittore di haiku e il canto di un airone nella nebbia insinueranno in lui il seme della consapevolezza. Un racconto perfetto che, fra le altre cose, svela quanto la fannullaggine, a volte, si avvicini molto alla ricerca spirituale dei mistici.

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LA FATICA DI ESSERE PIGRI - Gianfranco Marrone

Gianfranco Marrone

LA FATICA DI ESSERE PIGRI

Raffaello Cortina Editore

Milano, 2020, pagine 163

 

È stato interessante scoprire quanti significati diversi può assumere il poco maneggevole concetto di “pigrizia”. Quante declinazioni, anche contraddittorie, rendono l'idea della pigrizia poco adatta a esaurirsi nella definizione di un unico dizionario. Cosa può avere in comune con altri concetti come quello di “ozio”, cosa li distingue, quante sfaccettature diverse si intercettano nel confronto con culture diverse o nelle opere di grandi autori che si sono interessati a essa (Russel, Stevenson, Lafargue, Kenko, Gončarov con il suo Oblòmov, Melville e il suo misterioso Bartleby, le fiabe russe fino a celebri personaggi dei fumetti). Un'apertura di significati che indirettamente decostruiscono molti luoghi comuni, gli stereotipi o gli atteggiamenti di rimprovero tipici della nostra società della prestazione. E allora accanto alla pigrizia come disposizione d'animo o come protesta nei confronti di una penosa condizione di lavoro, può esserci la pigrizia necessaria a uno scrittore per meditare e maturare un bel romanzo.

 

Pigri di tutto il mondo, ci sono opere straordinarie dentro di voi!    

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DELLA PIGRIZIA - a cura di Stefano Scrima

DELLA PIGRIZIA

a cura di Stefano Scrima

Ortica Editrice

Bari, 2020, pagine 88

 

Che dire: il libretto sembra sia stato curato direttamente dal Conte Fannullone (evidentemente il vero curatore Stefano Scrima è un vero fannullone illuminato!): una preziosa raccolta di folgoranti citazioni e aforismi intorno all'importanza dell'ozio. Consapevoli che l'arte, lo spirito, la vita, l'uomo siano incompatibili con la frenetica avidità di chi svende il proprio tempo per il denaro, grandi autori sono qui riuniti per innalzare un grido di libertà, un monito anzi, a tutti coloro che ancora non sanno che perdere tempo è l'investimento più grande che si possa fare. I fannulloni si sentiranno meno soli in compagnia di tanti grandi uomini, si sentiranno più forti e fiduciosi contro il luogo comune che li vuole relegati fra i parassiti della società. Possiamo invece essere fieri della nostra indole, che è l'indole di chi si circonda di bellezza, l'indole di chi può salvare questo mondo senz'anima!

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LA RIVOLUZIONE DEL FILO DI PAGLIA - Masanobu Fukuoka

Masanobu Fukuoka

LA RIVOLUZIONE DEL FILO DI PAGLIA

Libreria Editrice Fiorentina

Firenze, 1980, pagine 198

 

L'altro giorno, mentre stavo facendo pulizia nel piccolo tempio del villaggio, fui sorpreso notando delle targhette al muro. Togliendo la polvere e osservando le lettere pallide e sbiadite, riuscii a decifrare dozzine di poesie haiku. Anche in un villaggio piccolo come questo venti o trenta persone avevano fatto composizioni haiku e le avevano presentate come offerte. Questo è quanto la gente degli spazi aperti aveva nella sua vita nei vecchi tempi. Alcuni dei versi devono essere vecchi di diversi secoli fa. Perciò erano stati scritti con tutta probabilità da contadini poveri, ma che avevano ancora il tempo di scrivere l'haiku.”

 

Fukuoka racconta il suo lavoro di agricoltore e lo fa attraverso le parole dense che solitamente nascono dall'esperienza di chi ha dedicato la propria vita a un'arte. Parole che sanno tracciare con chiarezza la visione, il pensiero, l'idea a sostegno del suo lavoro; una visione squisitamente etica che si estende oltre l'agricoltura, che parla a tutti noi, al modo in cui ci rapportiamo con ciò che ci circonda e che separa nettamente le pratiche che mantengono fertile e viva la terra dagli atteggiamenti che la rendono sterile.

Per questo motivo Fukuoka considera emblematico lo sviluppo dell'agricoltura moderna, intensiva, monoculturale, che ha l'unico scopo di spremere tutto il possibile dalla terra, e che così facendo la mutila.

Per l'insensata corsa al profitto, per l'avidità che indirizza le nostre scelte - come Re Mida che rendeva freddo e morto tutto ciò che toccava trasformandolo in oro – anche gli uomini mortificano ciò che trasformano in denaro.

Il lavoro di Fukuoka punta invece alla vita e lo fa attraverso l'agricoltura del non fare, del rispetto della natura, dell'ascolto, dell'attenzione, del semplice che è tutto. Lavorando molto meno si ottengono le stesse quantità di raccolto, senza diserbanti né fertilizzanti, restituendo alla terra ciò che la terra ci dà e senza eliminare la ricchezza dell'ecosistema come le erbacce, i vermi, gli insetti che se controllati possono benissimo fare il lavoro al posto nostro. È la dimostrazione che lavorare meno non significa necessariamente ottenere meno, ma avere tutto quello che ci serve, rispettando la terra e senza rinunciare al tempo della contemplazione o al tempo che serve per scrivere un haiku.

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UN UOMO CHE DORME - George Perec

George Perec

UN UOMO CHE DORME

Quodlibet

Macerata, 2017, pagine 170

 

Dai chiari riferimenti al celebre racconto di Herman Melville “Bartleby lo scrivano” - evocato esplicitamente a pag. 136 - “Un uomo che dorme” ci presenta un protagonista meno enigmatico del suo ispiratore: il giovane studente di Perec, dal giorno in cui non si presenta all'università per sostenere un esame, inizia a sperimentare l'estrema esperienza dell'inerzia e, con essa, l'illusione di potersi affrancare dai vincoli del vivere quotidiano. Scoprirà – non senza imporre al lettore un senso di claustrofobia – che, portando all'estremo l'esperienza della pigrizia, da questi vincoli non ci si può liberare.

Ciò non impedisce al giovane studente di vivere momenti di autentica libertà: e di comprendere a sue spese che anche nello sperimentare l'indolenza non bisogna esagerare perché - come insegnano gli esperti fannulloni - meglio essere pigri con pigrizia! O pigramente pigri.

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IL SILENZIO È COSA VIVA - Chandra Livia Candiani

Chandra Livia Candiani

IL SILENZIO È COSA VIVA

Giulio Einaudi Editore

Torino, 2018, pagine 132

 

 

Leggere questo prezioso libretto della Candiani è una di quelle esperienze che si avvicinano molto all'esperienza della contemplazione: lo si legge piano piano, gustandolo e sorprendendosi di quanto siano dense le immagini e le parole che l'autrice ha scelto per noi. Un libro per stare dove si è con il corpo, per cercare di lasciare spazio intorno a tutti i nostri gesti quotidiani, per accorgersi di quello che ci circonda. Un libro per stare fermi. Per assaporare tutto ciò che ci investe nel qui e ora. Troppo spesso non siamo da nessuna parte, con il corpo in un luogo e la mente altrove – gli smartphon non aiutano – e anch'io, su invito della Candiani, ogni tanto dico il mio nome ad alta voce, come per richiamarmi ad una presenza, alla terra che calpesto, alla vita vera, affinché non si dissolva tutta come se fosse stato un sogno.

 

 

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ATLANTE UNIVERSALE DELLE NUVOLE - Damiano Zanocco

Damiano Zanocco

ATLANTE UNIVERSALE DELLE NUVOLE

Antiga edizioni

Treviso, 2006, pagine 95

 

Guida indispensabile per tutti coloro che amano stare con il naso all'insù e guardare le nuvole, che si meravigliano dello spettacolo che ogni giorno esse ci offrono, che vorrebbero addormentarsi sulla cima di un bianchissimo morbido cumulo congesto o passeggiare mollemente sopra un cirrocumulo stratiforme, che si elettrizzano all'arrivo di un minaccioso cumulonembo o che rimangono a bocca aperta quando vedono densi cirri colorarsi alla luce del tramonto.

Un libro che aiuta a riconoscere le nuvole, a dar loro un nome – ché come spesso accade è proprio quando si conoscono i nomi delle cose che si cominciano a vederle.

Da quando l'ho letto non faccio altro che guardare il cielo per indovinare i generi e le specie delle nubi, e mi sorprendo di scoprire, nonostante le amassi già, quanto poco le avessi davvero viste.

Prontuario consigliatissimo per ogni buon apprendista fannullone.

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ASPETTA - Antoinette Portis

Antoinette Portis

ASPETTA

il castoro

Milano, 2016

 

Un’idea semplice, realizzata con la grazia della semplicità, che racconta una storia anch’essa molto semplice utilizzando solamente due semplici paroline: presto e aspetta.

Un libro illustrato per grandi che, con delicata dolcezza, accompagna il lettore nel mondo senza fretta dei più piccoli. Nel mondo in cui tutto è degno della nostra attenzione e nel quale la passione per la vita è massima.

Poche pagine ben fatte, senza inutili virtuosismi, arrivano al punto: svelare tutta l’emozione di una madre, alienata dal dover far presto, che si lascia catturare da questo mondo che fu anche suo e che, benché perduto, grazie al suo bambino, ha potuto ritrovare.

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CONTRO IL LAVORO - Giuseppe Rensi

Giuseppe Rensi

CONTRO IL LAVORO

Gwynplaine edizioni

Camerano (AN), 2012, pagine 152

 

“Supponiamo che dal fondo dell’oceano una conchiglia pensante emergesse per la prima volta alla superficie e aprisse  le sue valve alla luce; supponiamo che essa sapesse di poter rimaner solo per pochi istanti al cospetto dell’universo immenso e variopinto e di dover poscia ritornare per sempre negli oscuri e misteriosi abissi del mare. Come si potrebbe giustificare l’affermazione che, non, se mai, necessità bruta, ma dovere morale sia per questa conchiglia quello di dedicare quei pochi istanti al lavoro? Come si potrebbe sostenere che la sua stessa essenza di ente spirituale e pensante non esiga invece che essa li dedichi alla contemplazione del grandioso spettacolo che solo per un momento le si affaccia? E come si potrebbe tributare plauso e approvazione morale e dare la consacrazione di una spiritualità superiore a quella conchiglia se il breve momento consacrasse al lavoro e non alla contemplazione? Ma l’uomo non è altro appunto che quella conchiglia emersa un momento sulla superficie della vita e che fra un istante scomparirà negli abissi.”

 

Il breve e preziosissimo saggio di Giuseppe Rensi indaga scrupolosamente la questione del rapporto fra l’uomo e il lavoro; per far questo Rensi dà una definizione di lavoro e lo fa attraverso il confronto con il gioco: Il lavoro (propriamente detto) è quello che l’uomo svolge, contro le sue naturali inclinazioni e vocazioni, solamente come mezzo per ottenere delle future ricompense; al contrario il gioco è quell’attività che l’uomo svolge per impulso necessario, per realizzare le sue attitudini, con la ricompensa immediata del piacere e della soddisfazione che prova nel farlo; a differenza del lavoro il gioco è quell’attività, spesso faticosa, che l’uomo svolgerebbe anche senza essere pagato. 

Ed è solamente attraverso il  gioco e nel lavoro che ha le caratteristiche del gioco (lavoro – gioco), che gli uomini possono occuparsi dei propri interessi, hanno il tempo da dedicare a se stessi e alla propria spiritualità: solo nel gioco l’uomo è veramente uomo.

Rensi, com’è proprio dei grandi pensatori, non concede risposte o soluzioni al problema, si limita a rivelarne i paradossi e le contraddizioni: il lavoro è contrario all’essenza spirituale dell’uomo, ma al tempo stesso è necessario alla vita (e dunque anche alla sua vita spirituale).

Per Rensi il lavoro, in quanto attività svolta non per la voglia o il gusto di svolgerla, ma per una successiva ricompensa e che è immediatamente a beneficio di altri è sempre essenzialmente schiavitù. Il lavoro dunque è schiavitù, la necessità del lavoro è perenne, dunque perenne dovrà essere anche la schiavitù.

L’unica soluzione irrazionale e contraddittoria – che è una non- soluzione o meglio il riconoscimento dell’insolubilità del problema – è quella della schiavitù così come l’avevano pensata i Greci, che per salvare la libera spiritualità di alcuni negavano la libera spiritualità di altri (li rendevano schiavi – li facevano lavorare).

Per Rensi la schiavitù è un’eterna necessità che si ripropone con forme e nomi diversi, ma che sempre c’è stata e sempre ci sarà.

E oggi chi sono i nuovi schiavi?

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LA NOBILE ARTE DEL CAZZEGGIO - John Perry

John Perry

LA NOBILE ARTE DEL CAZZEGGIO

Sperling & Kupfer

Milano, 2013, pagine 146

 

A volte capita di riconoscermi nelle parole di un autore, raramente però mi è successo di sentirmi descritto con tanta precisione come da questo libretto. E credo che molti procrastinatori (Il titolo originale è: The Art of Procrastination, la traduzione del titolo – che trovo inadatta – è fuorviante rispetto al contenuto) non possano che riconoscersi in questo lucido e divertente ritratto di un vero e proprio modo di essere, di vivere e confrontarsi con il mondo: quello dei ritardatari cronici, di coloro che rimandano sempre ciò che dovrebbero fare. L’autore, senza mai fare l’errore di trasformare in comportamento virtuoso ciò che in effetti è una mancanza, chiarisce come l’essere procrastinatori in realtà sia un modo alternativo per portare a termine tantissime cose; infatti il procrastinatore sistematico è in grado di portare a compimento un sacco di attività proprio per rimandare quelle più importanti - ed è così che può essere motivato a svolgere anche compiti difficili, impegnativi e necessari quando questi sono un modo per non fare qualcosa di ancora più importante. Un altro utile manuale, questo, per riuscire a valorizzare e a volgere in positivo un tipico difetto che contraddistingue molti di noi, per sentirsi meno in colpa e volersi più bene.

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ZHUANG – ZI  [Chuang – tzu] - A cura di Liou Kia-hway

ZHUANG – ZI  [Chuang – tzu]

A cura di Liou Kia-hway

Adelphi

Milano, 2013, pagine 412

 

“Di tutte le cose del mondo, il cielo e la terra sono le più grandi eppure non fanno niente per esserlo”

 

Anche in questo testo, considerato – alla pari del Tao te ching – uno dei tre grandi classici del Taoismo e non a caso inserito da Roberto Calasso fra i dieci libri indispensabili per chiunque, risuona per intero la natura di coloro che hanno la vocazione a ‘scomparire’: che si identificano con il nulla e sono tutto; che non si preoccupano di ciò che è passeggero e si adattano alla complessità del reale senza l’illusione di poterla dirigere. Privi di ambizioni, vanno senza sapere dove arrivano, tornano senza sapere dove si fermano, non seguono nessuna strada e non conoscono meta. Sono poveri, ma non sono miserabili; non possono avere un’opinione e per questo non giudicano, non si applicano a nulla, non si rallegrano della propria comparsa né temono la propria scomparsa. Non cercano adulatori e non lasciano tracce di sé.  I fannulloni senza saperlo seguono la via dei santi taoisti, e senza fare nulla non c’è nulla che non facciano.

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LA VITA DI UN PERDIGIORNO - Joseph Freiherr Von Eichendorff

REA Edizioni (Multimedia)

L’Aquila, 2011, e-book

 

Questo racconto è un grazioso inno alla libertà. Il giovane protagonista, munito solo del suo violino, decide di partire alla scoperta del mondo. Senza nessuna meta precisa, senza conoscere le strade,  si lascerà guidare unicamente dalla sua curiosità. Contemplatore, amante dei fiori, nulla delle sue azioni è guidata da qualche scopo preciso e il suo affidarsi al destino sarà totale. In armonia con tutte le cose, che senza chiedere lo proteggeranno, avanzerà  come cieco, senza chiedersi il senso di ciò che gli succede (eziandio fraintendendolo) , gustandone semplicemente l’effetto. E non mancherà il lieto fine apparecchiato dalla fortuna, che spesso premia chi non intende forzarla.

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L’ARTE DELLA SIESTA - Thierry Paquot

Il melangolo

Genova, 2000, pagine 121

 

La siesta come atto di resistenza e di emancipazione dall’imperante “tempo economico” che, con l’affermarsi dell’industrializzazione, della divisione del tempo e dell’urbanizzazione, si è sostituito al “tempo biologico”, quello regolato dalla natura, dal ritmo, dal respiro del singolo.

Prendersi il proprio tempo, per sognare, riflettere, riposare, ricomporsi, costituisce un atto di difesa per una riconciliazione dell’uomo con i propri ritmi.

Un prezioso libricino, ricco di riferimenti storici ed artistici, per il quale il sonnellino pomeridiano può essere considerato il tempo necessario a una vera e propria arte di vivere.

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L’UTILITÀ DELL’INUTILE - Nuccio Ordine

Bompiani

Milano, 2013, pagine 262

 

Questo libro contiene una preziosa raccolta nella quale sono riuniti vari autori ed alcuni estratti di opere letterarie che trattano della contrapposizione fra due atteggiamenti umani: quello utilitaristico di chi si occupa solamente di ciò che procura un profitto e l’atteggiamento dei “filosofi” – atteggiamento, quest’ultimo, che viceversa attribuisce molta importanza ai saperi inutili e a quelle attività umane improduttive e gratuite che possono nutrire lo spirito e avvicinare gli animi all’arte e al bello. Una dicotomia che attraversa il pensiero di autori molto distanti fra loro nel tempo - dal filosofo greco al letterato contemporaneo (consolidando fra l’altro il sospetto che si tratti di archetipi esistenti dall’alba dei tempi) – i quali sottolineano quanto sia fondamentale l’attività umana libera dai vincoli del profitto, poiché, come dice efficacemente Gautier, “Se i fiori venissero eliminati, il mondo non ne soffrirebbe materialmente; chi vorrebbe tuttavia che non ci fossero più fiori?”. Il modello utilitarista, che sembra essere il modello vincente in tempo di crisi, sta compromettendo la libertà dell’istruzione, pregiudicando la crescita di uomini liberi e coscienti, promuovendo la preparazione di uomini-macchina utili per la produzione e servi dei pochi; una sconfitta, insomma, della democrazia moderna - poiché il sapere non scomparirà dalla terra, ma tornerà ad essere privilegio esclusivo delle classi che se lo possono permettere.

Nella terza parte del libro la semplificazione riduttiva di elementi molto complessi della realtà, come l’amore e la verità, attraverso questi due soli modelli di condotta, purtroppo viene esasperata con esiti che sfiorano la banalità.

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LA PASSEGGIATA - Robert Walser

Adelphi

Milano, 1987, pagine 106

 

Ecco il racconto che a buon diritto dovrebbe diventare il manifesto del buon fannullone.

Solamente un centinaio di pagine, ma che diventano duecento, trecento, mille pagine ogni volta che lo si rilegge, tanto è denso e ricco di stimoli e suggestioni.

Fresco, ironico, paradossale, uno di quei racconti felici che provocano il presentimento della perfezione.

L’autore stesso racconta in prima persona la sua passeggiata: la gioia dell’incontro, il fascino dell’avventura fra gli angoletti del quotidiano, il disprezzo per le automobili maleodoranti che passano velocissime “davanti a tutte le immagini e gli oggetti che la nostra bella terra ci offre”.

Complice l’immaginazione - illusione che consola e che allontana dalle proprie miserie e solitudini almeno il tempo di una passeggiata - il racconto diventa a tratti visionario, rivelandosi nell’insieme emblematico.

Si potrebbe ravvisare in esso, infatti, un’allegoria esistenziale, ma suggerita con la grazia dell’involontarietà, come se non fosse il fine, ma la naturale conseguenza -per nulla necessaria - di una misurata narrazione.

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TAO TE CHING - Lao Tzu

Adelphi

Milano, 1994, pagine 266 (Compreso il testo cinese)

 

"Così io so che il Non-agire ha il sopravvento.

Insegnare senza parole a trarre profitto dal Non-agire, pochi nel mondo vi riescono!

Perciò il Santo si attiene alla pratica del Non-agire e professa un insegnamento senza parole."

 

Persuaso della mutevolezza di ogni cosa, l’autore di questo antichissimo testo cinese parla del Santo Taoista come di colui che non cerca di forzare le cose per ottenere dei vantaggi poiché otterrebbe solo il contrario. Il saggio Taoista sa come entrare in armonia con le cose che si trasformano e lo fa praticando la non-azione (wu wei) poiché non agendo non esiste niente che non possa fare.

Essere fannulloni dunque può rivelarsi un’abitudine veramente saggia.

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ELOGIO DELLA PIGRIZIA - Vivere lentamente per vivere meglio - Peter Axt, Michaela Axt-Gadermann

Tecniche nuove

Milano, 2003, pagine 158

 

Questo libro propone un metodo che dovrebbe assicurarci salute e benessere. Gli autori, rifacendosi principalmente alla teoria del metabolismo (teoria dell’energia vitale) formulata per la prima volta da Rubner nel 1908, cercano di dimostrare, anche attraverso sperimentazioni e studi scientifici, quanto sia salutare stare in ozio, fare poco movimento, vivere al caldo, dormire molto, svegliarsi tardi la mattina, mangiare poco e quanto invece sia dannoso comportarsi diversamente.

Anche se solitamente un fannullone gode dell’ozio fine a se stesso e non come una tecnica per ottenere dei risultati, può comunque sentirsi rassicurato dal fatto che lo stile di vita a cui non può sottrarsi garantisce prolungata giovinezza

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VIVERE SLOW – apologia della lentezza - María Novo

Edizioni Dedalo

Bari, 2011, pagine 134

 

Riflettere sulla lentezza significa necessariamente prendere in considerazione il nostro rapporto con il tempo: l’autrice mette in luce quanto possiamo renderci schiavi del tempo se intendiamo questo solamente in funzione della produzione e del consumo. Analizzando il problema da questa prospettiva diventa facile comprendere quanto la fretta sia complice del modo sciagurato con cui il genere umano stia gestendo le risorse della terra e avvelenando tutto ciò che ci circonda. Essere lenti significa non pensare egoisticamente solo ai vantaggi immediati, ma pensare al bene di tutti – anche di quelli che verranno dopo di noi. Essere fannulloni dunque può assumere un significato più ampio rispetto a quello meramente contemplativo: può essere la risposta al comportamento irresponsabile del genere umano.

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LA LENTEZZA - Milan Kundera

Adelphi

Milano, 1995, pagine 157

 

“ Perché è scomparso il piacere della lentezza? Dove mai sono finiti i perdigiorno di un tempo? Dove sono quegli eroi sfaccendati delle canzoni popolari, quei vagabondi che vanno a zonzo da un mulino all’altro e dormono sotto le stelle? Sono scomparsi insieme ai sentieri fra i campi, ai prati e alle radure – insieme alla natura?”

 

Il racconto descrive in modo spietato alcuni personaggi e le loro debolezze legate alla necessità -soprattutto contemporanea - di apparire, di agire solamente in funzione di un pubblico - anche di un pubblico numeroso e indistinto come quello televisivo. Atteggiamenti di una sterilità devastante che, per poter sopportare l’imbarazzo della loro miseria, devono essere al più presto dimenticati: e per dimenticarli serve la velocità, come per fuggire da qualche cosa di minaccioso.

Diversamente è la notte libertina di un cavaliere e una marchesa, che, con passo lentissimo, si prendono tutto il tempo per gustare un piacere che rimarrà solo loro. Un segreto da custodire, con cui consolarsi nella dolcezza del suo durevole ricordo.

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STORIA DI UNA LUMACA CHE SCOPRÌ L’IMPORTANZA DELLA LENTEZZA - Louis Sepùlveda

Guanda

Parma, 2013, pagine 95 (però scritte molto grandi)

 

Una lumaca ribelle, emarginata a causa della necessità che sente di cercare delle risposte a delle domande insidiose per le abitudini consolidate delle altre lumache, decide di lasciare il rassicurante Paese del Dente di Leone e rischiare tutto per tentare di capire - per esempio - come mai le lumache sono lente. Scoprirà che la lentezza è soprattutto attenzione: una condizione grazie alla quale potrà accorgersi delle cose che la circondano – un dono che le permetterà di fare degli incontri che non avrebbe mai potuto fare se fosse stata veloce come una cavalletta.

La lentezza che è attenzione, che è esperienza di vita, che si stratifica e diventa memoria.

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OBLOMOV - Gončarov

Garzanti

Milano, 2009, pagine 548

 

Oblomov è un’anima limpida e pura, il suo cuore è onesto e generoso; è un uomo completamente privo di senso pratico, è poetico, estremamente sensibile, indolente e contemplativo; lo torturano le preoccupazioni di ogni tipo, è terrorizzato dalla prospettiva di qualsiasi attività, è pigro.

Attratto dalle persone autentiche, non ama le convenzioni e gli artifici che regolano le relazioni negli incontri mondani: ama la libertà di potersene stare tutto il giorno sdraiato sul suo divano con le calze spaiate e la vestaglia al rovescio.

Oblomov è tollerante verso tutti e verso tutti fiducioso fino all’ingenuità. Di un’intelligenza non comune, è però talmente indifferente ai suoi interessi che chiunque potrebbe approfittarsene e se non fosse per il suo caro amico tedesco Stolz non sarebbe sopravvissuto alla cupidigia degli avidi.

“Dov’è l’uomo?” Si chiederà spesso Oblomov, all’inizio del racconto, osservando quelli che si disperdono in mille faccende e infiniti progetti; “Sciagurati!” penserà di loro, come se fosse un delitto non prendersi il tempo necessario per guardarsi e cogliere l’uomo.

Tutti ameranno Oblomov, tutti saranno in qualche modo toccati dal sacrificio di sé che compirà, suo malgrado, per essere testimonianza di pace e onestà.

Comprendo che ogni buon fannullone che si rispetti possa farsi demoralizzare dalla mole del romanzo, ma con la dovuta calma e le necessarie pause, il libro può rivelarsi veramente appassionante, riuscendo a trascinare senza fatica il lettore fino alla fine.

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ELOGIO DEL RIPOSO - Paul Morand

Archinto

Milano, 2010, pagine 97

 

Una piccola raccolta di saggi che Paul Morand inizia esponendo numerosi e buoni argomenti contro l’idea che il denaro (e la fatica per produrlo, e lo stress per conservarlo) sia una ricchezza soddisfacente: “ … nella nostra società penetrata dal denaro, la povertà sembra il peggiore dei mali e un portafoglio rigonfio il più grande dei beni. Questa cruda semplificazione dei problemi umani deriva dal fatto che, come tutti i materialisti, noi crediamo solo in ciò che vediamo: la povertà di un essere moralmente disgraziato che non è mai riuscito a farsi amare non si vede; la povertà di uno straccivendolo sì.” Non c’è nulla di più appagante invece di un viaggio senza soldi o di una notte passata a dormire sotto un primaverile cielo stellato. Il libro continua con una dubbia lode allo sport e allo scoutismo per poi riprendersi alla fine con una convincente critica all’idea di velocità.

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MOMENTI D’OZIO - Kenko

Adelphi

Milano, 1975, pagine 215

 

Per consacrare la propria vita al denaro o al successo è necessario che gli uomini si convincano di poter vivere in eterno, ma il prete buddista Kenko avverte il lettore della brevità della vita e della preziosità del tempo che abbiamo a disposizione: “ Se credete che dopo aver soddisfatto le vostre ambizioni avrete il tempo di volgervi alla Via, scoprirete che le vostre ambizioni non hanno mai fine”. Per questo motivo serve coltivare da subito la propria sensibilità, il proprio spirito: il tempo non aspetta! Occorre porre attenzione al proprio stile, all’eleganza, studiare l’arte della naturalezza; fare di sé, insomma, una testimonianza di bellezza. Per fare questo però è necessario dedicare molto tempo a se stessi e non destinarlo scioccamente al frenetico desiderio di accumulare ricchezze materiali.

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MEMORIE DI UN UOMO IN PIGIAMA - Paco Roca

Tunué – Editori dell’immaginario

Latina, 2012, pagine 76

 

Paco Roca, celebrato fumettista spagnolo, è riuscito a realizzare il più grande sogno della sua infanzia: “Restare tutto il giorno a casa in pigiama!”

Anch’io penso che a dispetto di vitali ricerche estetiche, importanti riflessioni sulla bellezza, determinanti analisi delle profondità dell’animo umano, un aspirante artista abbia principalmente come scopo quello di essere libero, quando lo desidera, di trascorrere un’intera giornata in ozio… anche due.

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L’ARTE DELL’OZIO - Hermann Hesse

Arnoldo Mondadori Editore

Milano, 1992, pagine 436

 

Una serie di racconti, ricordi, resoconti di piccoli viaggi che lasciano intravedere in Hesse una vera indole da buon fannullone: di colui che gode della contemplazione fine a se stessa, viaggiando (anche in senso lato) per il piacere della scoperta; per il quale non è importante la rilevanza della meta da raggiungere o la fedeltà ad un percorso prestabilito. Il piacere di perder tempo per riempirsi le tasche di quella ricchezza che il denaro non può comperare.

 

“Al cosiddetto – bel tempo – non attribuisco la minima importanza , poiché qualsiasi condizione atmosferica è bella, se si aprono occhi e anima; e poi fa parte delle mie piccole gioie preferite del girovagare dover essere costretto dal tempo in cantucci e presso esseri umani che altrimenti non avrei mai visitato né visto.”

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ELOGIO DELL’OZIO - Bertrand Russell

TEA – Tascabili degli Editori Associati

Milano, 2012, pagine 197

 

Altro testo fondamentale per l’aspirante fannullone: una raccolta di quindici saggi in cui Russell, con il suo procedere razionale, argomenta intorno ad importanti temi, tutti legati all’idea che un ripensamento dell’organizzazione sociale potrebbe rendere gli uomini più felici.

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L’UOMO CHE CAMMINA - Jiro Taniguchi

Panini Comics (collana Planet manga)

Modena, 2010, pagine 142

 

Il romanzo a fumetti di Taniguchi è un inno alla contemplazione: l’uomo che cammina non ha la preoccupazione del tempo che passa, e cammina senza l’ansia delle mete prestabilite; ama perdersi nei vicoli, arrampicarsi sugli alberi, gustare una fetta di torta all’aperto o vedere l’alba completamente ubriaco. L’uomo che cammina ascolta ciò che lo circonda: lascia che siano le cose che incontra a suggerirgli il tragitto delle sue lunghe passeggiate: l’ABC dell’aspirante fannullone.

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L’INATTIVITÀ COME VERITÀ EFFETTIVA DELL’UOMO - Kasimir S. Malevič

Asterios Editore

Trieste, 2012, pagine 44

 

"L’inazione spaventa i popoli e coloro che la vivono sono perseguiti, e ciò accade perché nessuno l’ha compresa come verità, e che è stata chiamata 'madre di tutti i vizi' quando essa è la madre della vita."

 

Il breve testo di Malevič si propone di riabilitare il concetto di indolenza dall’infamante anatema che gli è stato addossato, contrariamente a ciò che insegnano le "leggende del paradiso" che considerano invece il lavoro una maledizione.

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L'OZIO COME STILE DI VITA - Tom Hodgkinson

BUR 

Milano, 2010, pagine 308

 

Ecco un libro (fondamentale) dedicato a tutti coloro che hanno l'indole dell'ozioso e che per questo motivo vivono ricorrenti sensi di colpa. Pagine consolanti, per sentirsi meno soli e vedersi un po’ più belli. Perché gli oziosi lottano per la libertà, contro gli egoismi degli approfittatori e degli arrivisti che vogliono tutto per sé e non lasciano niente agli altri. Gli oziosi si prendono il tempo per pensare e per sognare un mondo meno triste per tutti.

 

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LA SOCIETÀ DELLA STANCHEZZA - Byung - Chul Han

Nottetempo

Roma, 2012, pagine 81 (però piccole!)

 

Un'interessante analisi del disagio dell'uomo contemporaneo che, libero dalle leggi assolute e dalla decaduta società disciplinare, deve far tutto da solo con il rischio di esaurire il proprio io in una sterile stanchezza. L'antidoto è la contemplazione, l'attenzione di chi esercita il potere di non-fare, per fermarsi con gli occhi sgranati a scrutare ciò che lo circonda.

 

Si legge in un paio d'ore.
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ELOGIO DELL'OZIO - Robert Louis Stevenson

Millelire Stampa Alternativa

Viterbo, 1994, pagine 27

 

Libretto indispensabile, consigliatissimo, in sole 27 piccole paginette tutto quello che serve a un aspirante ozioso per convincersi della bontà delle sue inclinazioni: il massimo.

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I PENSIERI OZIOSI DI UN OZIOSO - Jerome K. Jerome

Piano B edizioni

Prato, 2010, pagine 141

 

Lo scrittore vittoriano, dall'ironia a volte un po' aristocratica, raccoglie dodici saggi tutti dedicati alla sua inseparabile pipa, compagna delle sue ore oziose, consolatrice delle sue pene.

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IL DIRITTO ALLA PIGRIZIA - Paul Lafargue

Massari editore

Bolsena (VT), 2002, pagine 174 (compresa la lunghissima introduzione)

 

Apparso per la prima volta nel 1880 sul settimanale l'Egalité, è l'analisi amara di come nel secolo della rivoluzione industriale l'atteggiamento disumano delle classi borghesi riducesse le masse di lavoratori in schiavitù, senza pietà per donne e bambini costretti a lavorare dodici, tredici, quattordici ore al giorno, malnutriti, in pessime condizioni igieniche, abitanti in alloggi fatiscenti molto spesso lontani dal luogo di lavoro. Qui si possono leggere le parole di uomini ingordi che non risparmiano giustificazioni morali e assurdamente filantropiche per convincere i poveracci che il lavoro è un bene per loro. Sarebbe interessante chiedersi quali di quei meccanismi rappresentino ancora oggi la premessa del rapporto fra gli uomini. Il sospetto è che del feroce egoismo dei pochi non ci si sia mai liberati.

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